Immagina di essere nella sala di lettura di un vecchio club inglese, un po' polveroso.
Nella penombra solo un'abatjour che fa luce sul divano chesterfield di cuoio consunto dal tempo.
Alle pareti vecchie foto, cimeli, pochi selezionati quadri ed una stecca a cui sono appesi in fila i bastoni con i quotidiani.
Sul tavolino un bicchiere, una scatola di sigari e qualche rivista da sfogliare con calma, aspirando il fumo azzurrognolo nel silenzio punteggiato dal suono lento e grave della pendola...



domenica 2 maggio 2010

I JEANS DI GARIBALDI

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I piu' vecchi jeans del mondo sono quelli che calzava Giuseppe Garibaldi: hanno 150 anni e sono conservati al Museo Centrale del Risorgimento, a Roma, esposti in una speciale bacheca del Vittoriano.
In tela di Genova e lunghi fino alla caviglia, con quei calzoni indossati sotto la camicia rossa Garibaldi fece lo sbarco a Marsala e la guerra in Sicilia, nel maggio 1860. Hanno un segno particolare: una toppa sul ginocchio sinistro, anch'essa in jeans, che copre uno strappo. Si racconta che lo strappo sia il risultato di un attentato cui scampo' il condottiero protagonista del Risorgimento italiano. I blue-jeans (bleu de Genes, ovvero blu di Genova) erano i pantaloni dei marittimi di Genova all'epoca delle Repubbliche marinare. Fatti con una tela che arrivava da Nizza ('de Nimes', da cui 'denim'), i jeans blu come il mare li usava anche il padre dell'Eroe dei Due Mondi. Si chiamava Domenico, ed era capitano di cabotaggio immigrato da Chiavari. Li uso' presto anche il giovane Giuseppe, quando divenne egli stesso marinaio e da allora non li lascio piu'. La vetrina al Museo del Risorgimento, in piazza Venezia, mostra quei pantaloni semplici e resistenti con una tasca per ogni lato e la toppa
al ginocchio sinistro. Una fascetta tricolore alla vita e' stata aggiunta successivamente, insieme a delle borchie che riproducono dei motti sull'Unita' d'Italia. Nel biglietto in bacheca si legge: ''Tutti coloro che lo videro ricorderanno la pezza al ginocchio destro. Questi pantaloni furono dati a Galliano, suo cameriere, per essere donati al pastore a Caprera. Il Galliano li tenne per se' e lo disse al Generale e a vece gliene diede un paja di nuovi. Ammogliatosi il Galliano, indi caduto gravemente a terra e da me curato poi anche la moglie, per gratitudine me li regalo' il 29 marzo 1863. T. Riboli''

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